LA VILLA REALE DI MONZA
Storia, Umberto e Margherita
Storia, Umberto e Margherita
La Villa Reale di Monza risulta essere un importante edificio fin dalla nascita. Fu commissionata direttamente dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria e dal figlio Ferdinando che nel 1771 divenne Governatore Generale di Lombardia.
Si afferma che: “Un giorno, appunto col Piermarini...trovossi Ferdinando in una piccola cassina di proprietà della famiglia Caronni di Monza. Gli piacque quell'orizzonte, ed a miglior esperienza montò su di un carro, che per i lavori agresti ivi si trovava, e veduta la deliziosa prospettiva de' colli briantei, e più lontano de' laghi di Como e Lecco, e mano mano quelli del Bergamasco, che vanno all'occhio perdendosi in vasta pianura, innamoratosi del sito decise che si erigesse pei principi Viceré, un suntuoso palazzo, sotto il bel cielo di Monza...”
Maria Teresa d'Austria spese 70.000 zecchini per l'edificio, commissionato all'architetto arciducale Giuseppe Piermarini. Già nome noto a Milano per la costruzione del Palazzo Reale e del Teatro alla Scala, l'edificio in forma architettonica fu costruito in soli tre anni dal 1777 al 1780. La forma della struttura è quella tipica a U settecentesca, dotata di un corpo centrale e due ali laterali terminanti con due corpi cubici. Il Piermarini, avvalendosi di maestranze qualificate, riuscì a erigere un edificio in poco tempo grazie agli insegnamenti del maestro Luigi Vanvitelli. La villa, esterna al borgo abitato, nasceva come dimora di delizia nel quale Otium e Negotium si univano. La villa serviva dunque per passare il tempo libero, ma diventava sempre un'ottima prerogativa per guadagnare del denaro. Fin da subito però, l'edificio risultò adatto per mostrare la potenza della casata proprietaria. Si può per di più sostenere che la villa fu costruita in Monza, al centro di una lunga strada che collegasse simbolicamente Milano a Vienna, le due città in cui la famiglia risiedeva e gestiva il potere. La villa fu creata rispecchiando uno stile neoclassico sobrio, con l'inserimento dei corridoi da parte di Piermarini, simbolo di innovazione e di utilità in un edificio in cui si sono contati circa 730 ambienti. Ferdinando, persona di spicco negli affari e amante della botanica, sviluppò i giardini attorno l'edificio, aprendo alle novità inglesi.
Nel 1796 iniziò il periodo di dominazione francese, costringendo gli austriaci ad andarsene. La villa fu venduta a un privato e rischiò la totale distruzione in cambio di altre costruzioni. Fortunatamente il gesto venne fermato. In tale epoca fu costituito il parco di Monza: progettato dall'architetto Luigi Canonica come grande cascina agricola, dotato di un casino di caccia e sopratutto di un perimetro di ca 14km ancora oggi presente e che lo fa riconoscere come uno dei parchi più grandi recintati d'Europa. Durante l'epoca napoleonica, la villa fu dotata anche di un teatrino. Da non sottovalutare sempre l'ingegnosità di Luigi Canonica che seppe costruire un teatro rettangolare stile '500 in un luogo in passato usato come cucina. Ancora oggi si conserva sotto il palco la struttura originaria in pietra utilizzata per muovere i tendoni delle quinte. Durante il Regno Lombardo-Veneto tornarono in villa gli austriaci con il viceré Ranieri, il generale Radetzky dopo il 1848; Massimiliano d'Austria, fratello di Francesco Giuseppe tra 1857-59.
UMBERTO I e MARGHERITA
La Villa Reale di Monza fu donata a re Vittorio Emanuele II dal Parlamento Italiano in segno dell'impegno e della riuscita dell'Unità d'Italia.
Il complesso venne però scelto come una delle residenze del figlio e futuro re Umberto I. Nato il 14/03/1844, Umberto fu fin da subito educato al ruolo di erede al trono, con il titolo di Principe di Piemonte. Nel 1858 iniziò la carriera militare da Principe Ereditario, diventando capitano nell'arma di fanteria, colonnello della prima legione della Guardia Nazionale, maggiore dell'esercito regio.
Nel 1862 gli venne affidato il comando della prima brigata cavalleria di linea con residenza a Milano e prese in seguito parte alla terza guerra d'indipendenza.
Si suppone iniziò a frequentare la Villa Reale di Monza proprio durante questi anni, quando a un gran ballo incontrò la principessa Eugenia Litta Attendolo Bolognini, risiedente a Vedano e amante del futuro re per tutta la vita. Umberto fu sempre destinato a un'educazione militare; la morte della madre Maria Adelaide d'Asburgo Lorena e la necessità di trovare una sposa regina al Principe Ereditario, portarono la casata sabauda a scegliere una fanciulla che potesse essere valida soprattutto per mantenere ordine all'interno della stessa famiglia. Se all'inizio si pensò a Matilde d'Asburgo per mantenere armonia e continuità tra le due nazioni e le due famiglie, a causa di un tragico incidente e supposizioni più consone ai fatti politici da poco accaduti, si scelse di avere una regina italiana a tutti gli effetti, una regina sabauda che portasse lustro all'interno della casata, attraversando l'Italia intera. La scelta cadde sulla principessa Margherita di Savoia, figlia di Ferdinando di Savoia, fratello del re Vittorio Emanuele II. Nata il 20/11/1851 fu scelta come sposa di Umberto. Il matrimonio avvenne nel 1868. Scegliere Margherita come futura regina d'Italia significava completare tutte le mancanze di Umberto ed essere modello di una nuova monarchia completamente italiana. A causa della morte di Maria Adelaide, Margherita si presentò a fianco di Vittorio Emanuele II, come se già fosse la principale esponente femminile in carica. Giovane, bella, elegante, gentile, conservatrice, acculturata, religiosa, assunse quasi una carica d'intermediario ad eventuali problemi causati dai regnanti in carica. L'essere acculturata amando la letteratura, studiando il latino, suonando diversi strumenti musicali, andava a parare la mancanza di cultura di Umberto molto più propenso alla caccia e alla cavalcata. Essere molto religiosa poteva essere fondamentale per ripristinare i rapporti con la Chiesa dopo la Breccia di Porta Pia, avvenuta nel 1870. Umberto e Margherita divennero ufficialmente i nuovi reali d'Italia nel gennaio 1878, alla morte di Vittorio Emanuele II.
Si suppone iniziò a frequentare la Villa Reale di Monza proprio durante questi anni, quando a un gran ballo incontrò la principessa Eugenia Litta Attendolo Bolognini, risiedente a Vedano e amante del futuro re per tutta la vita. Umberto fu sempre destinato a un'educazione militare; la morte della madre Maria Adelaide d'Asburgo Lorena e la necessità di trovare una sposa regina al Principe Ereditario, portarono la casata sabauda a scegliere una fanciulla che potesse essere valida soprattutto per mantenere ordine all'interno della stessa famiglia. Se all'inizio si pensò a Matilde d'Asburgo per mantenere armonia e continuità tra le due nazioni e le due famiglie, a causa di un tragico incidente e supposizioni più consone ai fatti politici da poco accaduti, si scelse di avere una regina italiana a tutti gli effetti, una regina sabauda che portasse lustro all'interno della casata, attraversando l'Italia intera. La scelta cadde sulla principessa Margherita di Savoia, figlia di Ferdinando di Savoia, fratello del re Vittorio Emanuele II. Nata il 20/11/1851 fu scelta come sposa di Umberto. Il matrimonio avvenne nel 1868. Scegliere Margherita come futura regina d'Italia significava completare tutte le mancanze di Umberto ed essere modello di una nuova monarchia completamente italiana. A causa della morte di Maria Adelaide, Margherita si presentò a fianco di Vittorio Emanuele II, come se già fosse la principale esponente femminile in carica. Giovane, bella, elegante, gentile, conservatrice, acculturata, religiosa, assunse quasi una carica d'intermediario ad eventuali problemi causati dai regnanti in carica. L'essere acculturata amando la letteratura, studiando il latino, suonando diversi strumenti musicali, andava a parare la mancanza di cultura di Umberto molto più propenso alla caccia e alla cavalcata. Essere molto religiosa poteva essere fondamentale per ripristinare i rapporti con la Chiesa dopo la Breccia di Porta Pia, avvenuta nel 1870. Umberto e Margherita divennero ufficialmente i nuovi reali d'Italia nel gennaio 1878, alla morte di Vittorio Emanuele II.
LE MODIFICHE IN VILLA REALE
Senza distruggere il complesso piermariniano, re Umberto si avvalse di architetti specifici per modificare gli ambienti della villa, secondo un gusto artistico neobarocco in voga nella seconda metà dell'Ottocento. Coloro che presero parte ai lavori furono il Marchese Villamarina, l'architetto Tarantola artefice delle decorazioni dell'atrio e dello splendido corridoio nell'ala laterale sud, e specialmente l'architetto Achille Majnoni d'Intignano - che si occupò di progettare tutti gli appartamenti privati dei reali. Durante l'epoca sabauda furono aggiunte decorazioni in stucco alle pareti, modificati alcuni pavimenti con lastroni costosi marmorei e soprattutto, adattandosi alle novità del progresso, vennero posto imponenti lampadari. L'illuminazione a gas raggiunse la Villa Reale nel 1863, per poi essere sostituita dall'elettricità nel 1889. Il lampadario dell'atrio fu anch'esso un manufatto importante per manifestare la ricchezza, il progresso, la storia della casata sabauda. Esso è infatti concluso in cima da una corona sabauda, mentre sul vetro si notano incisi 2 dei più famosi motti Savoia: il nodo e il motto Fert. Non si conosce esattamente l'origine di entrambi gli stemmi, ma possono essere collegati all'Ordine Cavalleresco del Collare, fondato da Amedeo VI di Savoia nel 1364 e divenuto poi Ordine della SS. Annunziata. L'ordine era formato da quindici cavalieri, compreso il conte, dove tutti erano sullo stesso piano degli altri, chiamandosi fratelli e compagni. I membri erano soliti chiamarsi anche cugini del sovrano, mantenendo come emblema un collare, segno di dominio o di fedeltà, sottomissione e appartenenza totale. Il collare risultava decorato con diversi nodi, in origine chiamati Nodi del Signore, che potevano mantenere un doppio significato riferiti a Dio o al Principe. Denominati pure lacci d'amore, potevano essere legati al fatto che ad Amedeo VI sarebbe stato donato un braccialetto adornato di capelli annodati da una misteriosa dama. Si narra inoltre che Amedeo VI avesse un culto molto particolare per i nodi: essi erano raffigurati ovunque, sull'elmo, sugli abiti, sui paramenti del cavallo, sugli emblemi.
Il motto Fert potrebbe essere invece la terza persona singolare del presente indicativo del verbo irregolare latino fero, fers, tuli, latum, ferre, che significa “portare”. Può essere anche tradotto “sopportare”, in collegamento con eventuali esortazioni ai membri della famiglia e successori, di affrontare le vicissitudini cui è sottoposta una Casa regnante con spirito di sopportazione. Questa interpretazione è coerente con l'Ordine Cavalleresco del Collare i cui Cavalieri erano esortati a sopportare le prove cui erano sottoposti in onore della propria dama e con l'Ordine della SS. Annunziata dove i Cavalieri erano esortati a sopportare le prove in onore e devozione della Vergine Maria.
Curioso e unico risulta essere il diario scritto in Villa Reale da Paulucci delle Roncole, aiutante di campo di Umberto I, tra 1892 e 1895. Rimane ancor oggi una fonte importante per scoprire parte della vita quotidiana nella Villa Reale, durante l'epoca sabauda.
2 agosto 1892
… Note sul servizio di tavola nei pranzi ordinari. Sua Maestà è servita da un ispettore in frack che serve lui solo, poi passa il piatto ad altri che serve gli altri. Il gelato si serve con un gran piatto nel quale sono tanti bicchieri con manico. Coi macaroni si serve una salsa di carne, quasi con ogni piatto si servono salse a parte. Insalata di funghi eccellente. Ananas sempre a colazione. Colla frutta si serve zucchero con un cucchiaio a staccio. I vini fini non si servono in bottiglia, ma nelle anfore. A tavola quasi sempre Bordeaux o Champagne gelati. Il vino da pasto è chianti del Morelli. S.A. il Principe di Napoli beve sempre Barolo. …
Un servizio che non potrebbe essere fatto peggio è quello dei sigari. S.M. Non fuma. Si trovano dopo pranzo e colazione dei pessimi Virginia e Cavour in numero assai limitato, quasi contati. A colazione S. M. ha detto che una volta teneva conto delle sue cadute da cavallo e che già era giunto a 1100 (!) poi ha smesso di contarle. Decisamente le sballa grosse...
8 agosto 1892
… S.M. tutti i giorni verso le 2 si reca a Vedano dalla Duchessa Litta e ne ritorna verso le 5 pomeridiane. Pare che le relazioni fra S.M. il Re e S.M. la Regina siano in questi giorni molto tese. Ognuno fa ciò che crede. Quando vi è la Regina, S.M. è di cattivissimo umore e a tavola non parla affatto. La Regina ci passa in rassegna dalla punta dei piedi alla punta dei capelli e nulla le sfugge sulla nostra toilette. Parla molto di arte e di storia e cerca di mettere negli imbrogli. Il Re è un fortissimo tiratore, ed ha una grande passione per la caccia. Così pure è intelligentissimo di cavalli. Preferisce i cavalli purosangue inglesi da caccia, di grande andatura. Monta all'inglese, lascia il cavallo molto disteso...
31 ottobre 1892
… La sera S.M. la Regina canta con maggior entraîn del solito ed è molto allegra. Canta la Marsigliese e canzoni patriottiche. È molto carina, di talento e mostra nel canto una virilità ed un animo patriottico che è per me una rivelazione... Il Re si è ritirato al solito alle 10...
26 agosto 1893
… Alla mattina nel Parco m'incontro a cavallo con S.M. il Re (che usciva da Vedano) e l'accompagno... Dopo pranzo nella sala da Bigliardo S.M. sonnecchia sino alle 10...
1 settembre 1893
… È notevole come a corte vi sia sempre, anche nelle più piccole cose, una distinzione per le Persone della Reale Famiglia. Hanno le posate in vermeil, mentre per gli altri sono d'argento. La sedia è diversa dalle altre. Gli staffieri che li servono non servono gli altri, ma passano il piatto ad altro staffiere dopo averli serviti. A tavola, quando non c'è la Regina, in faccia al Re non sta nessuno ed il posto resta vuoto...
9 maggio 1894
… (il Re) ha 1300 cavalli; 300 a Roma. Ha speso 100.000 L. nella sala della biblioteca a Monza. A Monza mentre S.M. va a trovare la Duchessa Litta, io visito l'appartamento privato del Re e della Regina. La Regina ha nella sua camera la Madonna del Barabino, e nel salottino memorie di famiglia. Nessuna cameriera dorme presso di Lei. Il Re ha due salotti, uno studio, la camera da letto con cassaforte. Dorme nel salotto accanto alla camera da letto un garzone di camera in una branda che si porta la sera...
21 ottobre 1894
… La sera musica a 4 mani della Regina colla madre. La Regina bacia la mano alla madre che nel contempo la bacia sulla tempia. (La Regina e la Duchessa di Genova fra di loro parlano sempre in francese). Mania del velocipede. Il Re e la Regina fanno le prime lezioni nel Parco...
LA MONARCHIA E L'AMORE VERSO MARGHERITA
La monarchia umbertina si distinse dalle altre poiché considerata più vicino al popolo. L'obiettivo era costruire un rapporto nuovo e diretto tra paese e dinastia, diventando punto di riferimento morale e simbolico. Chiamato Re Buono, Umberto affascinò per il forte senso di dovere, lo spirito cavalleresco e il coraggio fisico dimostrati già quando era Principe, l'animo gentile, la generosità, la presenza e la solidarietà in occasione di disastri e sciagure. Realizzare numerosi viaggi pubblici in tutta Italia, concedendo udienza a molte entità locali, significava non solo risollevare la casata sabauda in tutta la nazione, ma ottenere maggiori consensi da parte di tutte le genti. La prova fu l'approvazione, soprattutto di Margherita, in quelle città più repubblicane come Bologna. Fu proprio in quell'occasione che Giosuè Carducci, repubblicano garibaldino, rimase molto affascinato da Margherita e decise di dedicarle la poesia Alla Regina d'Italia, inclusa nelle Odi Barbare. Scrisse anche il breve saggio Eterno Femminino Regale. Il termine Margheritismo si iniziò ad utilizzare uniformandosi alle posizioni politiche del conte Clemente Solaro della Margherita, esponente conservatore e ministro degli Esteri di Carlo Alberto. Nonostante il collegamento con la destra conservatrice, il termine assunse nuovo significato in riferimento alla vita pubblica, sociale, culturale della nuova regina. Una testimonianza sono le numerose denominazioni di luoghi naturali, ville, giardini, cibi, riviste, comuni, scuole etc. che mantennero il suo nome.
In uno scritto della famosa giornalista Matilde Serao, si apprende come nacque il successo della Pizza Margherita. La pizza era in realtà uno dei cibi più consumati a colazione o a pranzo nella città di Napoli, poiché molto economica. Si racconta che Umberto e Margherita passarono l'estate del 1889 in città e la regina fu incuriosita da tale piatto che probabilmente non aveva mai assaggiato. Fu chiamato a corte il più rinomato pizzaiolo del tempo, un certo don Raffaele Esposito, titolare della pizzeria “Pietro e basta così”. Ebbe l'onore di utilizzare i forni reali e insieme a sua moglie Rosa preparò le tre classiche pizze del tempo: la prima con sugna (strutto), formaggio e basilico; una con aglio, olio e pomodoro; la terza con mozzarella, pomodoro e basilico, raffigurando i colori della bandiera italiana. Sembra che la regina rimase molto entusiasta di quest'ultima pizza e il cuoco decise subito di metterla in vendita nel suo locale.
Margherita era un simbolo di modernità e appoggiò molto lo sviluppo dell'educazione fisica per le ragazze nelle scuole. Amante della montagna, si dedicò molto alle attività alpinistiche. Fece diverse escursioni sul Monte Bianco e sul Monte Rosa. Raggiunse il Colle del Gigante a 3365m d'altezza. L'abbigliamento era probabilmente composto da un jersey di lana, una camicia di flanella senza busto, calze di lana, calzoni sotto il ginocchio, una gonna lunga fino a piedi rivoltabile, scarpe chiodate. Sempre accompagnata dall'amico e guida barone Luigi Peccoz, nel 1889 fece un lungo giro di 10 giorni sulle cime del Monte Rosa raggiungendo l'altezza di 4560m sulla sommità della Punta Gnifetti, dove fu inaugurata la Capanna Margherita.
Un'altra grande passione che si sviluppò dopo il 1900 fu quella per l'automobilismo. Possedeva una Fiat 24 cavalli, color verde scuro con qualche filettatura bianca. Creata per lunghi viaggi, fu disegnata da Cariolato, direttore del servizio automobilistico della regina. All'interno della vettura si potevano trovare diversi itinerari e mappe geografiche, un piccolo scrignetto farmacia. C'era anche una carabina in evenienza. Durante i viaggi chi guidava era sempre Cariolato e non mancava mai un meccanico in caso di guasti, che al tempo erano frequenti. Margherita voleva oltrepassare con l'automobile, pure il confine italiano. Appoggiò moltissimo anche gli sviluppi del volo.
L'immagine di Margherita era divulgata nel paese anche dalle riviste. Un esempio fu la rivista Margherita degli editori milanesi Treves. Dedicata al pubblico femminile d'alta società, la rivista trattava svariati argomenti come la letteratura, le nuove scoperte scientifiche e industriali, i viaggi, le feste, la storia, il mercato dell'arte, i romanzi, la moda, la famiglia, la salute. Non mancava mai la descrizione della toiletta della regina o delle sue comparse pubbliche, che diventavano modello da imitare.
IL DECLINO DI UMBERTO
L'Italia umbertina apparve più un'Italietta che una grande nazione. Già pochi anni dopo il 1861, l'Italia risultava essere abbastanza deludente sia sul piano della politica internazionale, sia sul piano interno. Brigantaggio, perdita potere temporale della Chiesa, debito pubblico, pressione fiscale, l'instabilità dello stesso governo erano problemi molto evidenti. Agricoltura e industria erano arretrati rispetto gli standard europei.
Nel 1882 si decise di stipulare la Triplice Alleanza con Austria e Germania, che caratterizzò la politica estera italiana fino alla prima guerra mondiale. Nello stesso tempo durante i governi umbertini di Depretis, Cairoli, Crispi, Rudinì, Pelloux, Giolitti, la nuova nazione aveva potenziato la rete ferroviaria in tutto il paese, aveva unificato la legislazione in tutta la nazione, aveva potenziato l'istruzione riducendo l'analfabetismo, aveva rilanciato le Università, riuscì a ridurre il debito pubblico, abolì la pena di morte.
Nel 1893 ebbe luogo una crisi economica mondiale che provocò nello stato italiano numerose migrazioni. La vicenda dei Fasci Siciliani, la crisi della Banca Romana e il disastro di Adua nel 1896 peggiorarono ancor di più la situazione che sfociò nei gravi e famosi disordini del 1898.
La politica espansionistica militare e coloniale fu sempre messa al primo posto con finanziamenti troppo consistenti al settore, che fecero aumentare il carovita e i dazi sul pane per tutta la popolazione. A Milano furono concessi pieni poteri al generale Fiorenzo Bava Beccaris affinché riportasse l'ordine tra la folla che protestava. Il risultato fu provocare molti morti che erano semplici contadini, arresti tra cattolici e socialisti. Umberto decise di decorare con l'ordine militare di Savoia il generale, mostrare l'energia della monarchia, ma soprattutto senza potere di dissociarsi dalle forze armate e militari del proprio governo. Politicamente isolato, senza garantire la mediazione tra interessi e circostanze, nel 1900 si iniziò a pensare che l'unica soluzione per risollevare la politica italiana fosse l'abdicazione del re. Ciò non avvenne e il re cadde sotto i tre colpi di pistola sparati a Monza dall'anarchico Gaetano Bresci. La sera del 29 luglio 1900, Umberto I andò ad assistere a una gara ginnica e relativa premiazione presso la società sportiva Forti e Liberi, in via Matteo da Campione. A causa dell'afa il re chiese una carrozza scoperta e decise di non indossare la maglia metallica di protezione sotto gli abiti. Alle 22.30, dopo la premiazione, Umberto risalì sulla carrozza tra la gente festante. Tra la folla Gaetano Bresci spara tre colpi. Tutto fu facilitato dal fatto che la carrozza, tra la gente, non poté avanzare a gran velocità. “Mi par di non essere stato colpito...” questa sembrerebbe la frase pronunciata dal re dopo gli spari, forse nemmeno terminata a causa della morte. Constatato il decesso in Villa Reale, il re fu posto sul letto nella sua camera, che divenne camera mortuaria. La notizia si sparse in tutta Italia e fu subito avvisato Vittorio Emanuele III che si trovava sul mar Egeo con Elena di Montenegro.
Poiché il funerale doveva avvenire in presenza del nuovo re, il corpo di Umberto fu immerso nella vasca del suo bagno in villa, in un composto di ghiaccio per rallentare il processo di decomposizione. Con la presenza della Corona Ferrea il corpo del re partì da Monza il 4 agosto e il funerale si svolse solennemente con la tumulazione di Umberto nel Pantheon, il 9 agosto.
Lettura Consigliata:
Regina Margherita – Il mito della modernità nell'Italia post-Unitaria - A cura di Elena Fontanella - Fabbrica delle Idee - maggio 2011 - 478 pag
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Alla corte di re Umberto. Diario segreto - Paolo Paulucci - a cura di G. Calcagno - Ed. Rusconi - 1986 - 182 pag
La Villa Reale di Monza - a cura di Francesco de Giacomi - Ed Ass. Pro Monza - 1991
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