ALESSANDRO MANZONI.
La morte il 22 maggio 1873. Onoranze.
Il Secolo
Sabbato, 24 maggio 1873
Anno VIII - M 2545
[...] della vita e delle opere di Alessandro Manzoni non si può parlare in oggi con quella equanimità di giudizio, che sarà possibile fra alcuni anni: il dolore della sua perdita dura tuttora e durerà lunga pezza in noi, del pari che in quanti amano l'arte italiana: e ci dobbiamo limitare a tracciare i segni principali di questa grande figura senza entrare nella disanima dei suoi principi ed entrare nel sacrario dell'intima vita. Sarà questo il còmpito di un più calmo momento: oggi potrebbe la lode sembrare esagerata dal dolore, o irriverenza la più lieve critica.
Intorno al nome di Manzoni vediamo raccolti i più illustri uomini che possa vantar Milano: poiché la madre di Alessandro, Giulia Beccaria, era figlia di Cesare Beccaria, il riformatore del sistema penale; [...]
Dopo aver studiato a Milano ed a Pavia, Alessandro Manzoni raggiunse nel 1805 la madre che viveva a Parigi fra i più celebri scienziati e artisti. Il giovane aveva conosciuto il suo grande avo, Cesare Beccaria, e si era facilmente lasciato abbagliare dalla filosofia volterriana, il cui sorriso motteggiatore in quell'epoca suppliva a tutto quanto aveva distrutto, senza aver saputo creare. [...]
Il primo lavoro che pubblicò gli fu dettato dall'affetto verso un amico carissimo della madre ed a lui maestro. Carlo Imbonati che in quel torno moriva. Questo Imbonati ebbe la singolar ventura d'essere stato, fanciullo di undici anni cantato da Parini nella bellissima ode dell'Educazione, ed in morte da Manzoni, che compose un carme ricco di nobili ed originali concetti, incarnati nella forma classica. Questo lavoro era pubblicato a Parigi nel 1806; e nel 1809 sortiva a Milano il poema mitologico l'Urania.
Ma in questo frattempo Manzoni sposava (1808) Luigia Enrichetta Blondel figlia d'un banchiere ginevrino e protestante. Durante il periodo di tempo che seguì, successe al Manzoni una rivoluzione: il filosofo che giurava nel nome di Voltaire diventò un fervente cattolico. Come ciò avvenisse è dubbi, perché Manzoni non volle mai cedere alle istanze di quanti gli chiedevano le notizie sulla sua vita; ma credesi che la prima autrice di tal cangiamento fosse la moglie, che s'era convertita al cattolicismo. Il germe del cattolicismo era stato gettato nell'animo di lui fin da quando si trovava a Parigi. Colà aveva stretta amicizia col famoso Gregoire, l'apostolo dell'emancipazione dei negri: e l'entusiasmo dell'apostolo di libertà avea scosse le convinzioni del filosofo. Ma qualunque siane stata la causa, il giovane Alessandro si immerse nello studio della nuova credenza, in modo da acquistarne opinioni sì ferme da durare incontrollabili tutta la vita. [...] Manzoni era un cattolico che non rifiutava mai la discussione; e conchiudeva: Il materialismo che nega ogni cosa sovrannaturale, lo dicono d'una evidenza matematica: ma se è chiaro come due e due fan quattro, perché non lo comprendiamo anche noi?... e le parole accompagnava con un certo suo consueto risolino, fra l'arguto e il bonario, che non uscirà mai di mente a quanti l'hanno veduto.
Romanticismo italiano. Alla forma pagana doveva opporre la cristiana; ma invece di adottare il vangelo come reazione, lo adoprò per battezzare i principi della rivoluzione francese, per consacrare la democrazia. Gli Inni inspirati a questo nuovo concetto e vestiti con questa nuova forma blanda, soave, a tutti manifesta, furono il primo e splendido di questa conversione: e la prova più bella che non furono dettati dalla reazione politica, fu la popolarità che tosto circondò della sua aureola il poeta.
La rivoluzione contro il passato fu da Manzoni iniziata anche nella drammatica: e nel 1819 pubblicava il Conte di Carmagnola, la famosa tragedia che abolì la due famose unità di tempo e di luogo per non tenere che quella indispensabile dell'azione. Volfango Goethe, scrisse un lungo elogio di quel lavoro. [...]
Nel 1821 muore Napoleone a Sant'Elena, e quell'avvenimento che turbò tutta Europa, la quale dopo essere stata corsa da Bonaparte vittorioso, vide questi salire a vertiginosa altezza, da cui precipitò sì miseramente - suscitò l'estro di Manzoni. Non fa mestieri diffonderci in parole; il Cinque Maggio, l'ode più bella del nostro secolo fu allor fatta. Ma quello che pochi sanno si è che Manzoni inviò al censore austriaco due copie scritte dell'ode per averne il permesso di stamparla. Aspettò un mese, due, quattro: il permesso non arrivava mai. Dopo sei mesi gli giunge per la posta una lettera dalla Germania; l'apre: era Goethe che gli scriveva infinite lodi del Cinque Maggio e gli mandava una copia stampata della traduzione tedesca ch'egli stesso aveva fatta. In tal modo l'ode famosissima fu pubblicata in tedesco prima che in italiano.
Ma l'opera per il quale Manzoni sarà in ogni tempo celebre, fu pubblicata nel 1827: è questa i Promessi Sposi. [...] Noi ci limitiamo a citare due autorità: Giusti e Mazzini. Il primo scriveva dei Promessi Sposi: "Quel libro mi ha trovato sempre suo in ogni luogo, e mi rammenterò sempre che una volta, sepolto nei sensi fino agli occhi, in quelle pagine ch'erano lì, non so come, riebbi la parte migliore di me". E Mazzini: "Manzoni stigmatizzando l'iniquità, l'egoismo, cerca quasi sempre i suoi tipi nei potenti e gli uomini del feudalismo, e se dipinge l'innocenza, la bontà, il sacrificio, li cerca allora nell'uomo e nella donna del popolo, nel semplice montanaro, nel povero pescatore. Indi, fra i due termini il contrasto, tra il potente e la vittima, appare l'uomo di Dio, il sacerdote intercessore, consolatore, qualche volta difensore energico del diritto; come ai primi tempi del cristianesimo... L'ingiustizia è vinta, l'oppressore si pacifica col pentimento o cade nel mezzo del suo cammino...".
Nel 1833 Manzoni perdette la moglie [...] rimaritatosi con la contessa Borra vedova Stampa. [...] Intanto si mutavano i destini d'Italia e Manzoni venne creato senatore e dotato dell'annua pensione di 12 mila lire. Principi e popoli gareggiavano nell'onorarlo; nessuno che fosse grande, per capriccio di nascita o per valore, passava da Milano senza recarsi alla sua casa, quasi a sciogliere un voto: le accademie lo pregavano di lasciarle fregiare del suo nome: e fra gli istituti milanesi ci piace segnalare il Pio Istituto Tipografico che nel 1864 l'acclamava socio onorario, in benemerenza dell'aver egli, in tempi infausti alla tipografia, pubblicate le sue opere con inaspettata ricchezza e perfezione di stampe.
Per lungo tempo Manzoni stette muto: ruppe il silenzio per pubblicare gli scritti sulla Unità della lingua. E' noto però in Milano ch'egli stava lavorando, quando morte il colse, alla Storia della rivoluzione francese. Quest'opera non è compiuta, ma i frammenti sono in certa guisa finiti e presentabili. Un amico gli chiese l'anno scorso perché non ne pubblicava almeno una parte? - No, no rispose Manzoni. Quel che potrà meritare di essere stampato è meglio che vegga la luce poi, quand'io non ci sarò più. Susciterebbe troppe tempeste ora e voglio viver tranquillo.
Molti che scrissero di Manzoni lo chiamarono conte: or devesi sapere che egli né lo era né lo voleva essere, ed anzi vogliamo riferirne il motivo colle sue stesse parole, per far meglio conoscere il di lui carattere. [...] Manzoni spiegò come ala venuta degli austriaci nel 1815 il nuovo governo promettesse di riconoscere gli antichi titoli di nobiltà e equipararli ai nuovi, purché fossero presentati i documenti in un dato termine; ma che lui Manzoni, nemico di siffatte corbellerie, s'era astenuto dal presentare qualunque carta, ed era perciò decaduto da qualunque titolo.
Questo però non toglie che anche in casa tutti lo chiamassero Don Alessandro. [...]
Ed eccoci finalmente agli ultimi giorni di Manzoni. Dei molti figli che ebbe, gli sorvivevano solamente Pietro, Enrico e Vittorina. Il primo morì qualche mese fa: ed il padre, già accasciato sotto il peso degli anni, rimase gravemente colpito di quella perdita. Gli si accrebbe la spossatezza degli anni; ed una meningite-cerebrale l'incolse. Questa crudele malattia non gli permetteva di parlar gran fatto: e negli ultimi giorni non glielo permise affatto. Il prete che andò per confessarlo, non poté adempiere al suo ministerio. Le ultime parole distinte che gli uscirono di bocca furono: Delirii! Delirii!.. E la sera del 22 alle ore sei ed un quarto dopo un agonia, resa penosa dall'affanno e dal catarro, moriva nelle braccia del dottor Todeschini.
A questo punto ci arrestiamo: una biografia che ci mostri l'uomo dietro al grand'uomo, che metta in luce la virtù sua, poiché uno non si trova tutto nei suoi libri, sarà l'opera dei tempi venturi. Allora tutta la verità sul bell'animo suo e sulle sue opere, sarà fatta palese, senza le enfasi delle necrologie.
CRONACA - CORRIERE DELLA CITTA'
ONORANZE AD ALESSANDRO MANZONI
Ieri alle ore 3 si radunava il Consiglio comunale per deliberare sulle onoranze funebri da rendersi ad Alessandro Manzoni. Sebbene l'invito fosse stato diramato in giornata, pure quaranta consiglieri circa assistevano alla seduta: le tribune del pubblico erano affollatissime; in quella della stampa senvi le rappresentanze dei principali giornali della città.
Il Sindaco dichiara aperta la seduta alle ore 3 e un quarto. Annuncia che il Consiglio è convocato d'urgenza ad una adunanza straordinaria per decretare le solenni onoranze da rendersi al grande concittadino Alessandro Manzoni. Indi soggiunge:
- "L'annuncio della morte di Alessandro Manzoni, benché preveduta, ha dolorosamente colpita la nostra città.
- "La storia raramente presenta un genio in cui siansi congiunte, come in Lui, la sovrana sublimità del pensiero col candore intemerato dell'animo.
- "L'Italia tributerà a questo suo Grande un omaggio degno di Lui.
- "La Giunta Municipale, commossa dalla perdita del grande cittadino, vi propone che ad omaggio e riverenza venga esposta la sua salma in quest'aula; che si celebrino a spese civiche i funerali in Duomo; e che poscia si eseguisca il solenne trasporto delle spoglie mortali nel Cimitero monumentale, dove avrà posto distinto nel Famedio.
- "Compiute le funeree cerimonie, la Giunta verrà proponendovi i provvedimenti proprii ad eternare nella sua Milano la memoria di questo Illustre che ne fu, vivente, l'amore e ne sarà sempre la gloria.
- "E' perciò nel pensamento della Giunta di far pratiche perché gli autografi di quel potente ingegno restino al Comune; come pure d'occuparsi dell'acquisto della casa che fu l'ultima sua dimora, e che - conservata alla sua memoria nella parte che prediligeva a suo soggiorno, sarebbe nel resto opportuna sede dell'Archivio Storico; - e di dedicare al suo nome la via detta ora del Giardino.
- "La Giunta desidera poi che la rappresentanza civica sia prima ad aprire una sottoscrizione per un monumento. Perciò in nome suo propongo il seguente ordine del giorno:
- "E' autorizzata la Giunta a far le spese necessarie per i solenni funerali del sommo Alessandro Manzoni - a dedicare l'attuale via del Giardino al suo nome - e ad aprire una pubblica sottoscrizione per un monumento, iniziandola con L. 10.000.
Beretta. Applaude a tutte le proposte fatte dal Sindaco a nome della Giunta. Soltanto propone che la somma da stanziarsi sia portata a L. 20.000.
Messe ai voti le proposte della Giunta coll'emendamento Beretta sono approvate all'unaminità.
Beretta desidera di sapere quando si faranno i funerali.
Il Sindaco risponde che vennero fissati per giovedì della ventura settimana, giorno 29 del corrente mese. Informa il Consiglio dei telegrammi di condoglianza del Re, dei Principi, dei Sindaci dei Corpi Morali, ecc.
Datasi lettura del verbale della seduta, è approvato.
La seduta è sciolta alle ore 3 e mezzo.
Ringrazio
l'amico collezionista Mirko Valtorta, per avermi concesso la lettura
cartacea di questo articolo.
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