CASA MUSEO POLDI PEZZOLI
La collezione eclettica di Gian Giacomo
Sorto per conto del nobile Giovanantonio Parravicini nel XVII secolo nell’allora Corsia del Giardino e ampliato nel secolo successivo fino all’attuale via Morone dal suo erede Giovanni Porta, il palazzo sede della casa museo Poldi Pezzoli venne acquistato da Giuseppe Pezzoli, zio del collezionista Gian Giacomo, che alla fine del Settecento commissionò all’architetto Simone Cantoni e allo scultore Francesco Carabelli un riadattamento in stile neoclassico. Nacque così un nuovo scalone di accesso ornato di statue e un ampio giardino all'inglese sul retro, uno tra i più ampi in città. Gian Giacomo Poldi Pezzoli affidò nel 1850-53 a Giuseppe Balzaretto un'ulteriore modifica, in contemporanea con la ristrutturazione dell'appartamento che doveva ospitare la nascente collezione artistica. Sempre opera del Balzarettoispirata al manierismo seicentesco, è anche il palazzo adiacente (oggi n.14 di via Manzoni) unito al primo da un portico a serliana con terrazza superiore, mettendo poi in comunicazione con il bellissimo giardino retrostante.
Lo stile della collezione artistica si sviluppò attraverso il gusto per lo stile storico.
Gian Giacomo Poldi Pezzoli acquistò soprattutto piccoli oggetti della più alta qualità. Le stanze vennero strutturate in modo cronologico e tematico, in armonia con la crescita della collezione.
Gian Giacomo Poldi Pezzoli nacque a Milano il 27 luglio 1822.
Il padre Giuseppe Poldi aveva ereditato notevoli ricchezze dalla famiglia del proprio padre Gaetano, i Poldi di Parma, e da quella della madre Margherita, i Pezzoli d'Albertone di Bergamo. Lo zio Giuseppe Pezzoli, morto senza eredi nel 1818, aveva accumulato a Milano una fortuna come appaltatore delle tasse del governo austriaco teresiano. La famiglia discendeva poi da Alberto Albertone de Vertua, reggente della città di Bergamo nel 1123, lasciando agli eredi opere d'arte e un'importante biblioteca di preziose edizioni italiane. Uniti nel 1816 i nomi e i possedimenti delle due famiglie, Giuseppe Poldi Pezzoli aumentò il prestigio della famiglia sposando nel 1819 Rosa Trivulzio. Figlia del nobile principe Gian Giacomo Trivulzio, quest'ultimo frequentava poeti come Parini e Monti. Sposato con Beatrice Serbelloni, ideatrice di un salotto cittadino, fu un collezionista molto raffinato (Biblioteca Trivulziana).
Gian Giacomo Poldi Pezzoli visse fin dalle giovanissima età in un ambiente circondato da consiglieri e artisti conoscitori. Diventato maggiorenne a 24 anni, secondo le leggi austriache, cominciò a collezionare armi e armature antiche. Patriota, appena a seguito del ritorno degli austriaci dopo il 1848, fu esiliato. Fino a quando non gli fu concessa la possibilità di tornare a Milano, Poldi Pezzoli viaggiò per l'Europa conoscendo e acquistando nuove opere d'arte. Durante l'epoca dell'Unità d'Italia, la continua soppressione di chiese e conventi, la libera circolazione di merci e denari, delle opere d'arte, facilitava il lavoro del collezionista. Oltre a Giuseppe Molteni, restauratore e amico di Gian Giacomo, gli altri conoscitori che lo guidavano nei suoi acquisti erano Giovanni Morelli autore di cataloghi di grandi pinacoteche europee, Giuseppe Baslini il più grande antiquario del momento, Giuseppe Bertini pittore, conoscitore, antiquario, professore all'Accademia di Brera. Gian Giacomo Poldi Pezzoli divenne anche punto di riferimento per tutta la cultura delle arti industriali. Nel 1854 aveva fondato con altri amici il Gabinetto di Meccanica Industriale. Nel 1874 partecipò alla prima mostra di Esposizione Storica d'Arte Industriale a Milano. Morì il 6 aprile 1879 e da subito nacque la Fondazione Artistica Poldi Pezzoli. Attraverso un testamento segreto scritto nel 1871 specificava che l'appartamento da lui occupato venisse mantenuto ad uso e beneficio pubblico in perpetuo.
Il museo fu aperto il 25 aprile del 1881. Il primo direttore fu Giuseppe Bertini che rispettò fedelmente l'allestimento che aveva dato alla casa museo già una ventina di anni prima. Aggiunse comunque nuove opere, seguendo la volontà testamentaria del proprietario. Durante la seconda guerra mondiale fu persa gran parte degli allestimenti ottocenteschi dell'edificio. Fu grazie a Fernanda Wittgens, Franco Russoli, l'architetto Ferdinando Reggiori, il nuovo direttore Guido Gregorietti che nel 1951, con le spese sostenute dallo Stato Italiano, si poté ricostruire e riaprire il museo.
Elmo Borromeo -Pompeo della Cesa -Milano, 1585-90
L'elmo appartiene a un'armatura creata probabilmente per Renato Borromeo, capitano di uomini d'arme, ambasciatore presso Filippo III, fratello del cardinal Federico Borromeo. È decorato da una serie di fasce incise con fondi dorati intrecciati e formelle figurate in nero. Nelle formelle ci sono imprese come il liocorno, gli anelli, figure allegoriche, il motto Humilitas. La decorazione fu eseguita con incisioni realizzate con la tecnica dell'acquaforte in parte scurite e dorate, tipica della produzione di Pompeo della Cesa già riconosciuto dai contemporanei come armaiolo di elevate qualità inventive ed esecutive.
Piero del Pollaiolo (1443-1496) -Ritratto di dama -1470 ca -tempera e olio su tavola - 45,5 x 32,7 cm -1879 legato Gian Giacomo Poldi Pezzoli
La figura femminile mantiene il volto perfettamente di profilo della tradizionale ritrattistica antica; è segnato poi da una sottile linea nera di contorno, che lo fa risaltare dallo sfondo. La donna veste un corpetto scollato e allacciato con una serie ravvicinata di bottoni. La massa dei capelli, sostenuta da un velo, è circondata da un filo di piccole perle. Sulla fronte scende il frenello composto da fili di perle legate in oro. Il collo è ornato da una breve collana con tre perle bianche alternate a una nera, cui si aggancia un pendente con un grosso rubino e perle. Grande importanza viene data alla manica dalla grande decorazione floreale. In questo periodo gli abiti avevano maniche staccabili assicurate da lacci alle spalle, per poter essere facilmente cambiati. Alcune delle maniche erano ornate da un tal numero di gemme da essere inventariate tra le gioie. La straordinaria ricchezza della veste, dell’acconciatura dei capelli e dei gioielli indossati dalla donna lasciano immaginare che si tratti di un personaggio di rilievo dell’aristocrazia fiorentina del Quattrocento. Un’iscrizione sul retro del pannello, eliminata nel corso di un antico restauro, la qualificava come moglie del banchiere fiorentino Giovanni de’ Bardi. L’opera, databile al 1470 circa, appartiene a un’importante serie di ritratti femminili, eseguiti nella seconda metà del Quattrocento dalla bottega fiorentina dei fratelli Antonio e Piero del Pollaiolo. La straordinaria attenzione ai valori della luce, che si riflette con effetti di trasparenza sui capelli dorati della dama, sulle perle e le pietre preziose e sull’incarnato del volto, testimonia l’influenza delle novità introdotte in pittura dai pittori fiamminghi contemporanei.
Sandro Botticelli (1445-1510) -Madonna con il Bambino -1480-1481 -tempera su tavola - 58 x 39,6 cm -
Conosciuto anche come la Madonna del libro, questo dipinto raffigura la Vergine e il Bambino intenti alla lettura di un libro che risulta solo parzialmente visibile. L’impaginazione e la decorazione dei fogli hanno permesso di formulare l’ipotesi che si tratti di un Libro d’Ore, cioè di uno di quei manuali di devozione destinati ai laici che ebbero grande diffusione tra il XIII e il XVI secolo. Accanto al volume aperto, sul quale la mano di Maria si sta delicatamente posando, sono visibili altri libri e alcuni semplici oggetti che contribuiscono a conferire all’immagine un tono familiare. La composizione piramidale delle due figure sacre lascia ampio spazio, nella parte destra del quadro, a una finestra aperta sul paesaggio, dalla quale proviene una luce calda e crepuscolare. Il chiarore di cui sono pervasi la Madonna e il Bambino, tuttavia, non sembra avere un’origine naturalistica: esso pare piuttosto emanare dalle figure stesse, diffondendosi nello spazio circostante e trasformando il semplice interno domestico in un’ambientazione mistica. Anche i frutti che compaiono sulla sinistra hanno un significato simbolico: le ciliegie alludono al sangue di Cristo, le prugne alla dolcezza dell’affetto della Vergine e del Bambino, i fichi alla Salvezza o alla Resurrezione di Cristo. Utilizzo del lapislazzuli per gli abiti. I tre chiodi della croce nella mano del piccolo Gesù e la corona di spine sul suo braccio sono stati ritenuti aggiunte successive e non autografe, ma nella loro diretta allusione a una prefigurazione della Passione di Cristo contribuiscono in ogni caso a rendere più esplicito il vero significato del dipinto. Nonostante quest’opera sia databile intorno al 1480, quando il pittore aveva già raggiunto la sua piena maturità artistica, essa risente ancora dell’influsso di Filippo Lippi, primo maestro del Botticelli e autore di raffinate immagini sacre. Sono comunque presenti nel quadro tutti gli elementi della poetica botticelliana propri di questo particolare momento artistico, caratterizzato da una linearità morbida ed elegante, e da uno stile calmo e prezioso, ancora lontano dall’intenso patetismo che permeerà la tarda produzione artistica del maestro fiorentino.
Il Gabinetto Dantesco era lo studio privato di Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Progettato da Giuseppe Bertini e Luigi Scrosati, fu allestito e decorato nel 1854. È l'unico locale rimasto integro dai bombardamenti della 2ª guerra mondiale. Lo stile eclettico è molto sottolineato attraverso decorazioni di stile neomedievali, neoromaniche, moresche, celtiche. Il tema maggiormente scelto è quello dantesco. Ciò rappresenta una continuità nella rivisitazione politica, culturale e figurativa con il Medioevo. Oltre i mosaici dorati spiccano i colori forti delle ampie vetrate del Bertini. Ne Il Trionfo di Dante, il poeta è al centro, fiancheggiato da Beatrice e Matilda, dominato dalla figura della Vergine. Firmata e datata 1851 fu riprodotta in dimensioni più grandi e presentata all'Esposizione Universale di Londra. Acquistata al ritorno con pubblica sottoscrizione, è ora alla Pinacoteca Ambrosiana. La seconda vetrata sul lato sviluppa il tema della consegna del manoscritto della Commedia a Padre Ilario. Sempre di Bertini sono gli affreschi che ritraggono soggetti allegorici e i contemporanei di Dante. Le decorazioni vegetali sono di Scrosati che anticipano decorazioni tra '800 e '900. Rappresentato stile moresco attraverso archi segmentati e forme di nicchie. La nicchia con l'episodio di Paolo e Francesca è rimasto intatto.
Letture consigliate:
Il Museo Poldi Pezzoli a Milano - Guida per Visitatori
A cura di Alessandra Mottola Molfino - Andrea di Lorenzo - Annalisa Zanni
Umberto Allemandi & C.
1999 - 122 pag
Catalogo Online
Il Museo Poldi Pezzoli a Milano - Guida per Visitatori
A cura di Alessandra Mottola Molfino - Andrea di Lorenzo - Annalisa Zanni
Umberto Allemandi & C.
1999 - 122 pag
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