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mercoledì 10 giugno 2020

Villa Bagatti Valsecchi - Varedo

 

VILLA BAGATTI VALSECCHI - VAREDO

Una Chiesa per Varedo 

Giardino Villa Bagatti Valsecchi Varedo
Villa Bagatti Valsecchi fu costruita, a Varedo, nel 1881 dagli architetti Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi, trasformando una residenza già esistente dall’ultimo decennio del Seicento.
La famiglia Boggiari comprò dei terreni con l’intento di costruire una villa che rappresentasse il decoro e il prestigio raggiunto. Il portico centrale tripartito e leggermente arretrato rispetto ai lati, l’estensione del piano superiore su una superficie minore, sono quel che si percepisce dell’antico edificio, prima della trasformazione compiuta dai Bagatti Valsecchi. Nel 1833 Abbondio Boggiari, ultimo erede della famiglia, fu costretto a vendere i propri possedimenti in ragione dei forti debiti contratti.
Ci furono nuovi acquirenti, fino a quando nel 1864 morendo il padre Pietro, i due fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi ebbero a disposizione una cospicua eredità. Fu così che nel gennaio 1881 si incominciarono ad acquistare gli stabili dei rustici e del giardino. Una volta riaccorpati la villa, i rustici ed i terreni annessi, i due intraprendenti fratelli misero mano ad un intervento di recupero edilizio e di ristilizzazione della villa unico nel suo genere.
Ancora ad oggi l’edificio rimane uno splendido esempio di villa ottocentesca, risultato della mescolanza di elementi ripresi da diverse forme architettoniche del passato. Esternamente l’Ecclettismo è ancora ben visibile:
• al centro della rotonda antistante l’ingresso della Villa, dall’attuale Via Vittorio Emanuele II e dalla città, vi è una statua di epoca romana raffigurante Giulio Cesare;
• ancora nella rotonda antistante l’ingresso della Villa e in tutto il parco, vi sono altre statue di epoca settecentesca, raffiguranti personaggi mitologici ed allegorie;
• vi sono elementi architettonici in stile rinascimentale, come le conchiglie di ostrica nelle cornici delle finestre;
• vi sono elementi architettonici in stile classico come colonnati e portici;
• le tecniche di costruzione utilizzate riprendono varie epoche storiche. Sono ancora oggi visibili volte in cotto e strutture completamente in cemento;
• in cima al corpo centrale vi è un punto belvedere costruito recuperando parte della cella campanaria del quattrocentesco Convento di Sant’Erasmo in Milano. La struttura ricorda le medievali baltresche, torri con funzione militare che erano usate per spiare i nemici;
• si riconoscono gli stili barocco e barocchetto attraverso le strutture dei balconcini e delle balaustre in ferro battuto, oltre che dai frontoni delle finestre mistilinei triangolari, semicircolari e rettangolari;
• il bugnato di protezione alle estremità degli spigoli dell’edificio sottolinea il senso di rusticità, rientranze e aggetti;
la composizione parallelepipeda del complesso, e la conseguente forma piramidale, riprendono forme costruttive più antiche. Il blocco centrale del corpo di fabbrica, composto da due piani, misura 44 m di lunghezza, 17.5 m di larghezza e 23.30 m di altezza, per una superficie complessiva di 750 mq;
• il giardino con cannocchiale ottico all’italiana e alla francese è arricchito e vivacizzato tutt’intorno dall’influenza del giardino all’inglese;
la ricollocazione della porta minore del Lazzaretto di Milano, distrutto nella grande città per far posto a nuovi piani urbanistici, è testimonianza concreta della tendenza al recupero del passato.
Si enfatizza dunque, come la bellezza non sia il privilegio di un periodo o di una nazione, bensì l’accettazione delle tendenze stilistiche delle differenti epoche storiche.

Fin dai tempi del Ducato visconteo e sforzesco di Milano, la Brianza era caratterizzata dalla presenza di torri e castelli che durante le epoche delle successive dominazioni spagnola e austriaca furono trasformate dalla nobiltà lombarda-milanese in raffinate dimore. La tipica casa di villeggiatura della Brianza seicentesca era centro di funzioni non solo legate alle attività agricole ma anche di rappresentanza, attraverso un corpo padronale centrale spesso dotato di porticati eleganti. Esso era poi circondato da abitazioni contadine, stalle, torchio, prestino, brolo e giardino cintato da un muro con spalliere di frutti. Proprio a questi criteri rispondeva il possedimento varedese della famiglia Boggiari, modificato in parte nel ‘700. Ne sono testimonianza le opere affrescate e visibili sui soffitti delle sale della Villa.
Nel gran vestibolo a pian terreno compare l’unico affresco datato e firmato del complesso. Realizzato nel 1708 da Martino Cignaroli detto il Veronese (1649-1726) è di stile manierista con figure allungate, colori chiari, morbidezza, slanci, gesti sospesi, piani sovrapposti.
Soffitto Cignaroli Bagatti Valsecchi Varedo
Allegoria - Martino Cignaroli
Nell’Allegoria di buon auspicio si nota a sinistra l’Estate che raccoglie frutti da un albero, mentre a destra è raffigurato il mito della Primavera. Secondo Ovidio, Flora è la potenza che fa fiorire gli alberi. Un giorno di primavera in cui errava per i campi, il dio del vento Zefiro la vide e se ne innamorò. La rapì, la sposò con giuste nozze. Le accordò come ricompensa e per amore verso di lei il potere di regnare sui fiori, non soltanto quelli dei giardini, ma anche quelli dei campi coltivati. Il miele è considerato uno dei doni che ella ha fatto agli uomini, come i semi delle innumerevoli varietà di fiori. L’acqua, fonte di vita, rende frutti e fiori rigogliosi. L’edificio tra le mani dei putti invece, può avere un significato allegorico non ancora decifrato.
Nella biblioteca soprastante si nota la presenza, appena sotto la soffittatura, di un fregio parietale che illustra le storie di Noè. Le opere sono delle tele unite e fissate al muro e sembrano datare sempre al ‘700.
Le modifiche apportate dai fratelli Bagatti Valsecchi sono visibili architettonicamente nelle sale di altezza minore, adiacenti al vecchio corpo centrale. I soffitti in legno a passasotto furono decorati a buon fresco nel 1892, dal decoratore Ernesto Rusca.

Nel 1884 iniziarono i lavori per il vasto giardino della villa.
Il giardino è una felice combinazione tra il formale e l’informale, con la regolarità della geometria del cerchio e dell’ellisse, percorsi sinuosi, movimenti di terreno, quinte arboree. Il parco all’inglese è piantumato prevalentemente con essenze a foglia caduca, spesso concentrate in piccoli gruppi da tre, studiato per garantire una calda visione autunnale. Il complesso copre 100 pertiche milanesi, ovvero 64.500 mq. Si ha però la sensazione di trovarsi di fronte ad un ben più ampio spazio per un gioco di prospettive che ingannano l’occhio.
Stemma Giglio Bagatti Valsecchi
Particolare Stemma Giglio
Nell’agosto del 1881, l’ingegnere Domenico Laveni progettò il lungo viale che dalla villa porta a Palazzolo. Il viale si articola in un doppio filare di alberi e ha una lunghezza di 1.570 metri percorsi da due strade in terra battuta. La costruzione del canale Villoresi tra il 1887 ed il 1890 portò invece alla stipula di una convenzione tra i Bagatti Valsecchi ed il Consorzio del canale: si decise la realizzazione di un sifone sottopassante il viale per consentire di mantenere inalterata la suggestiva visione prospettica.
Ricavata nell’angolo a ovest in corrispondenza della via Vicolo al Viale, la ghiacciaia fu costruita nell’ottobre 1882. Entrando in una caverna artificiale di grossi blocchi di ceppo di Montorfano, si scendeva nel sottosuolo, dove, attraverso aperture nella parete di mattoni, si potevano prelevare la neve e il ghiaccio accumulatisi. L’apertura circolare del soffitto era solitamente conica, coperta da paglia e arbusti intrecciati per preservare l’umidità e il fresco all’interno.
Per mezzo di una botola apribile dalla strada, si poteva avere invece un collegamento con l’esterno. Il livello della botola su strada coincideva con la parte alta della ghiacciaia, profonda in realtà circa 7 metri, che anche nei periodi più caldi garantiva temperature miti e cibi freschi.
Posizionata sull’asse villa-viale, una grande ellisse concava contiene centralmente una fontana circolare in pietra molera, materiale usato frequentemente in Brianza.  

Il maneggio, impianto posto a nord-est del complesso, testimoniava la passione dei fratelli Bagatti Valsecchi per le cavalcate.
Negli anni ’50 del 900, Pasino Bagatti Valsecchi commissionò la costruzione di una serra ed il rifacimento di quella già esistente, per la coltivazione delle orchidee, sua grande passione.
Amante dei fiori, Pasino fece inserire sulle porte delle serre, ancora in parte leggibili dall’interno, i seguenti motti:
• I fiori hanno un linguaggio comprensibile solo a chi li ama
• Dove sono i fiori la primavera è eterna
• Più fiori maggiore delizia
• Anche i fiori rappresentano una parte della felicità umana
• Coltivare i fiori desiderio di tutti – dono del Signore – trionfo della natura
Pasino divenne anche Presidente dell’Associazione Orticola di Lombardia, una delle prime istituzioni italiane moderne ad avere promosso la conoscenza delle piante, dell’arte dei giardini e del paesaggio vegetale spontaneo.

Nel 1881 un gruppo bancario acquistò tutto il quadrilatero del Lazzaretto di Milano, ben famoso per essere stato tanto citato e raccontato da Alessandro Manzoni ne "I Promessi Sposi". Iniziarono le demolizioni e del chiostro originario furono a stento risparmiati 10 m lungo via San Gregorio.
 
Porta Minore Lazzaretto Milano Varedo
Porta Minore del Lazzaretto di Milano
 
I fratelli Bagatti Valsecchi non si erano lasciati sfuggire l’occasione di acquistare, presso il Banco di Credito Mobiliare Italiano, gran parte delle 386 colonne e diversi ornamenti o cornici in terracotta del Lazzaretto, facendo leva sul loro particolare gusto antiquario.
Nel 1883 si realizzò un nuovo confine della villa, costruendo ex novo il muro perimetrale.
Vicino al maneggio fu creata una nuova zona porticata e fu ricostruita la Porta Minore del Lazzaretto di Milano. In corrispondenza della campata centrale e affissa al muro ricostruito, fu inserita una lapide in latino per ricordare come l’antenato Pasino fosse riuscito a sfuggire alla peste, rimanendo a Varedo. Questa è la traduzione della lapide:
"In questo luogo di Varedo dove nell’anno 1523, dalla nascita del Signore,
Pasino (di) Bagatti, figlio di Giovanni Bernardino, presi in enfiteusi i beni appartenenti al monastero di Santa Maria Maddalena, in Milano, e più tardi con la sua famiglia, fuggendo la peste che imperversava in quasi tutta l’Italia, vi trascorse tranquillamente 60 anni, i fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti nel 1884, dopo aver rinnovata e perfezionata la casa, mossi da una certa qual devozione, composero gli ultimi resti dell’edificio di Santa Maria della Salute dal volgo chiamato Lazzaretto, antico documento di pestilenze e di mirabile carità."
 
Con la morte di Pasino Bagatti Valsecchi, avvenuta nel 1976, il parco e la villa hanno cominciato a subire un lento e inesorabile declino. Dopo una serie di vicende, l’intero complesso villa-parco fu venduto a proprietà privata.
Il viale (ma di conseguenza l’intero sito) è stato inserito nel 1999 nelle aree scelte per la realizzazione del Parco Grugnotorto-Villoresi, riconosciuto dalla Regione Lombardia nel novembre 1999.

La Villa Bagatti Valsecchi, con gran parte del relativo parco, è stata acquistata dalla Fondazione La Versiera 1718 con socio unico il Comune di Varedo l’1 agosto 2011. 

Lettura Consigliata:
Una Chiesa per Varedo - Approfondimenti nel centenario 1915/2015 - Laura Valleri - S&G Parteners - 2015 - 240 pag

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